Colpite qui

moschea

moschea

Dhun-Nun l’egiziano illustrò in una parabola il modo in cui estraeva la conoscenza racchiusa nei geroglifici.
C’era una statua, di origine ignota, che sull’indice puntato portava la seguente iscrizione: “Colpite qui e troverete un tesoro”. Per generazioni e generazioni la gente aveva martellato sul punto dove c’era l’iscrizione, ma la statua era di pietra dura e i colpi la segnavano solo superficialmente, mentre il senso dell’iscrizione rimaneva un enigma.
Un giorno, a mezzogiorno in punto, Dhun-Nun, assorto nella contemplazione della statua, notò che l’ombra del dito teso, ombra che era passata inosservata per secoli, tracciava una riga sul pavimento sottostante.
Dopo aver contrassegnato il punto preciso, si procurò gli attrezzi necessari e, facendo leva con uno scalpello, sollevò una lastra del pavimento. L’apertura dava accesso a un sotterraneo che conteneva strani oggetti lavorati finemente; osservandoli, riuscì a capire la scienza usata per la loro esecuzione – scienza perduta da molto tempo – e a impossessarsi di quei tesori e di altri, più convenzionali, che si trovavano nel sotterraneo

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Papa Silvestre ci racconta una storia molto simile. Egli riportò da Siviglia, nel X secolo, le scienze ‘arabe’, compresa la matematica.
Considerato un mago grave alle sue conoscenze tecniche, Gerberto (questo era il suo nome secolare) “dimorò presso un filosofo della setta saracena”. Fu sicuramente lì che sentì questo racconto sufi.
Si dice che sia stato trasmesso dal califfo Abu-Bakr (morto nel 634).