La parabola dei figli avidi

calligrafia

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C’era una volta un contadino generoso e solerte, che aveva molti figli avidi e pigri. In punto di morte rivelò loro che avrebbero trovato un tesoro se avessero scavato in un determinato campo. Non appena il vecchio ebbe emesso l’ultimo respiro, i figli si precipitarono nel luogo indicato e si misero a dissodare il campo da cima a fondo con una concentrazione e un’ansia che crescevano man mano che procedevano.

Non avendo trovato la minima traccia del tesoro, si dissero che il padre, nella sua generosità, aveva distribuito la sua fortuna da vivo, e abbandonarono le ricerche. In seguito, dato che la terra era ormai completamente dissodata e pronta per la semina, pensarono che tanto valeva seminare il grano. Una volta seminato, il raccolto fu abbondante. Vendettero il grano che avevano mietuto ed ebbero un anno di prosperità.

Poi si misero nuovamente a pensare al tesoro, alla possibilità di essere arrivati  vicino all’oro nascosto dal loro padre. Decisero quindi di dissodare ancora il loro campo, ma invano.

Col passare degli anni si abituarono al lavoro e ai cicli stagionali che prima non capivano, e ora si rendevano conto del perché il padre aveva scelto quel metodo per istruirli. Cosi diventarono del contadini onesti e contenti, e alla fine divennero abbastanza ricchi da non provare più il bisogno di sognare il tesoro nascosto.

Così avviene con l’insegnamento della comprensione del destino umano e del significato della vita.

Di fronte all’impazienza, alla confusione e all’avidità dei suoi allievi, il maestro deve orientarli verso un’attività che sa essere costruttiva e benefica per loro, ma la cui vera funzione e il cui vero scopo rimangono spesso celati a causa della loro immaturità.

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Questa storia mette in rilievo che un individuo può sviluppare certe capacità nonostante si sforzi di svilupparne altre, ed eccezionalmente molto diffusa, forse perché e introdotta dalla seguente frase: “Coloro che la ripeteranno ne guadagneranno più di quanto pensino”.
Questo racconto fu pubblicato sia dal francescano Roger Bacon (che si riferiva alla filosofia sufi e insegnò a Oxford, donde fu espulso per ordine del Papa), sia dal chimico settecentesco Boerhaave.
Questa versione è attribuita al Sufi Hasan di Basra, che visse più di milleduecento anni fa.